In qualche modo, sono tornata nella bruma padana, dove il dislivello massimo è costituito dalla rampa del parcheggio sotterraneo del supermercato, a cui si accede tranquillamente in macchina, dove raramente nevica, dove nulla ghiaccia, soprattutto il gasolio, e dove tutti parlano con un rassicurante accento sibilante e non nell’astruso ladino.
A ripensare alle 4 giornate montanare il bilancio, tutto sommato, è positivo. Ottima esperienza di lavoro, un bellissimo diversivo dal solito calcio. Bellissimo tutto, anche il freddo.
Però.
Però fino a ieri sera ho sacramentato in milioni di lingue, ladino compreso, per la serie di sfighe e disavventure che si sono ammassate su di me nelle valli del Trentino, là sui monti con Annette. Che poi sono una povera fanciulla sola e sperduta, e alla fine, vige sempre l’arte dell’arrangiarsi.
Eravamo rimasti a Blardone vincitore nel gigante, e alla Skif che in qualche modo domenica sarebbe tornata a Santa Cristina per recuperare la povera Focus e ritentare la scalata alla Val Badia.
Tutto bene fino a Santa Cristina. Tutto bene anche la macchina, lasciata il giorno prima nel parcheggio stampa, che all’indomani, esauritosi l’ambaradan del circo bianco, si sarebbe tramutato in un parcheggio a pagamento. La prode Skif la sfanga in qualche modo e non si becca una multa. Ole.
La Focus parte al primo colpo, e senza scollinare il Passo Gardena parto alla volta di Brunico, prendendola un po’ larga, ma sicura di arrivare a destinazione senza grossi patemi.
Sbagliato.
Nel cuore della Val Pusteria,fra speck e loden, mentre medito già su come trascorrere la serata in tutta tranquillità, all’improvviso dopo una curva al buio in mezzo al nulla… traaaaack…. le spie della macchina iniziano a lampeggiare come un albero di Natale, e la Focus si spegne, senza dare più alcun segno di vita. No panic. Come con Windows, spegni e riaccendi. Non si spegne e non si riaccende. Caaaazzzz. E mò? Niente, seguo tutta la trafila di queste circostanze: carro attrezzi, officina, niente auto sostitutiva e allora taxi fino alla Val Badia… (sì, la mia macchina prevede questa serie di accodamotion in caso di sfighe, e in questi giorni le ho sfruttate tutte…). Incazzata come una pantera, e seriamente preoccupata per il rientro del lunedì, me ne vado a dormire, pensando, come la Rossella dei tempi che furono, che domani è un altro giorno.
Lunedì mattina sono un po’ più rinfrancata. L’Alta Badia è l’ultimo avamposto del paradiso terrestre, e se proprio mi dovesse andare male, una giornata in più lì non mi farebbe poi così schifo.
Il programma di lavoro, fra una telefonata e l’altra con l’officina, prevede lo slalom speciale con la nostra gloria cittadina Giuliano Razzoli. Finisce bene, con un buon podio per questo bel ragazzone sempre sorridente e disponibile: mi infilo anche alla festa di compleanno (la fotogallery qui), poi chiamo l’ennesimo taxi e torno a prendere la macchina, che nel frattempo è resuscitata.
Se però vi racconto che lungo il tragitto un gippone di figli di papà in settimana bianca, fatti come delle pantegane e poco avvezzi al ghiaccio in strada, tampona il mio taxi e ci si impelaga in una luuuunga constatazione amichevole, mi credete o è troppo inverosimile?
Vi lascerò nel dubbio, ma vi dico solo che arrivo a Brunico 3 minuti prima che la teutonica efficienza altoatesina mi chiuda in faccia l’officina…
Ora sono a casa, dopo una tappa durante il ritorno dal Fotoreporter di cui ero particolarmente in crisi d’astinenza.
Stasera, mentre finisco di scrivere, Michael Bublé on air e due coccolosissimi quadrupedi che non mi si staccano dai piedi… forse 6 giorni via sono troppi anche per l’indipendenza felina…